Storie con gli ormoni ..Episodio due

Ho avuto un solo 125, il Benelli SS col motore ad uovo, forse più diffuso col marchio Motobi. A papà però costò come se fossero stati due, perché il primo durò solo una settimana.
Poi sull’ultima curva della discesa dal Gianicolo al Lungotevere, il mio personale Tourist Trophy, fui abbandonato dall’anteriore, o dal posteriore, e ci fermammo entrambi sul muso di un taxi che veniva su dalla parte opposta. La moto aveva preso la stessa forma del motore, lo circondava totalmente in un assieme molto plastico ed aerodinamico.
Dato che era stato comprato già con motore un po’ più sveglio, pedane arretrate e mezzi manubri, fu deciso di sostituire la ciclistica con una nuova salvando il salvabile. Felice, dopo poco tempo andai a ritirare la nuova creatura. Ma durò la metà del tragitto dal concessionario a casa: mi si parò davanti un’auto che girò all’improvviso. Ero molto sfortunato. Però stavolta bastò cambiare le canne della forcella. Seguirono però due anni gloriosi, con tanti chilometri e tante storie da raccontare. La più ormonale si consumò nel giro di pochi minuti, zona edicola.
Mi fermo lì perché vedo una tipa con cui ci si conosceva “vagamente”; era l’epoca degli hot pants, i pantaloncini corti e aderenti che soppiantarono le minigonne. I suoi erano very hot, stracolmi di significato. L’edicolante avrà notato la frenata repentina. Lei sfoglia una rivista. “Ciao come va, che fai?” il mio pregio non è ancora l’originalità della conversazione. Nel frattempo sento dei cambiamenti in me. “Guarda” la sua risposta e mi mette una rivista porno sotto al naso.
“Ma leggi ‘sta roba?”, piena tempesta ormonale, cominciano a farmi male le tempie per come pulsa il sangue. “No, sono io questa!” la replica. Sì, quella nella foto era proprio lei. Mi si annebbiò la vista, avrebbe potuto avere un esercito di body guard li avrei disintegrati a parolacce. “Sali sulla moto” fu l’imperativo categorico.
L’SS aveva una sella lunga e squadrata che terminava con un similcodino, squadrato anche lui e della stessa pelle della sella. Sembrava quasi un terzo posto, uno strapuntino, ma a me non sarebbe mai venuto in mente: un codino è un codino, le chiappe si mettono sulla sella e basta. Lei si sedette sul codino. La scelta ebbe un effetto devastante.
Va bene tutto, non sapere dove ci si siede sulla mia moto no, non è umano. E la mia soglia di tolleranza lì era altissima. La tempesta ormonale si placò in un nanosecondo, i marosi si trasformarono in un placido laghetto, i venti che percuotevano i miei sensi interiori erano ormai calma piatta. L’ho accompagnata a casa.
Dopo quell’affronto l’invecchiamento del 125 fu repentino, partiva solo a spinta e consumava olio come un due tempi a cilindro sdoppiato. E io ero pronto per il salto di cilindrata.
PS. La tipa dopo qualche anno ebbe una seconda chance ed andò meglio, perché per spostarmi ero passato al Vespone.
Ugo Passerini
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